Forse l’isola che non c’è, come cantava Bennato, non esiste
davvero, o esiste solo per chi è così pazzo da cercarla. Fatto sta che i sogni
qualche volta si avverano, basta avere il coraggio di inseguirli. Capita che la
passione per la musica sia così forte da nutrire quei sogni con desideri e
speranze fino a quando l’impegno e la dedizione non vengono premiati, così da
riuscire proprio a trovarla quell’isola! E’ questo il caso del duo acustico,
così si definiscono, Hernandez &
Sampredo, autore della prima, bellissima sorpresa di questo inizio d’anno. Happy Island è giunto inaspettato a
scaldare gli ultimi scampoli d’inverno con il suo prezioso carico di canzoni
positive e tiepide come la pioggia estiva. Non capita spesso di imbattersi in
un disco d’esordio e gridare al miracolo, ma questa volta è successo ed è stato
amore a prima vista, anzi al primo ascolto!
Circolone di Legnano - 22 Febbraio 2013
Prima di tutto va sottolineata la
bellezza delle armonie vocali tessute dalle voci di Luca Hernandez Damassa (voce solista e chitarre) e di Mauro Sampedro Giorgi (chitarra solita
e cori), diverse e complementari allo stesso tempo, che lungo i dieci brani di
cui è composto Happy Island si
intersecano in un continuo susseguirsi di melodie ad ampio respiro e si
dipanano sorrette da una raffinata trama strumentale. I due vanno a briglia
sciolta e il calore della loro musica regala subito grandi emozioni. Immaginate
che i REM si immergano nelle acque
californiane della west coast e il Neal Young più campagnolo sia in attesa
del sole insieme ai Jayhawks,
aggiunte un pizzico di songwriting
d’autore e abbiate cura di filtrare il tutto attraverso l’ottica di una garage
band. Quello che vi aspetta...
Per definizione il rock che definiamo classico appartiene agli anni settanta. Pur essendo innegabile che
esso rappresenti uno dei caposaldi cui nessun vero appassionato della nostra musica può prescindere, è
altrettanto vero che da allora sono passati quarant’anni ed perciò lecito
domandarsi se abbia ancora senso rievocare quella stagione irripetibile, se sia
possibile dire qualcosa di nuovo pur restando fedeli a quel particolare stile
musicale e, soprattutto, se sia possibile farlo senza perdere freschezza e spontaneità.
La risposta a queste domande è certamente si. Un esempio su tutti, che rafforza
questa convinzione, sono i Mojo Filter,
la band bergamasca che da qualche anno si è imposta all’attenzione del pubblico
con un repertorio che di quegli anni fa il proprio modello di riferimento. La
definizione vintage rock ben si
adatta al tipo di musica da loro prediletto, ma attenzione a non confondere
questa etichetta, usata in realtà per facilità descrittiva, con la sterile
riproposizione di schemi ormai desueti. Nel loro caso, infatti, vintage rock esprime semplicemente la
scelta di un modello di riferimento cui ispirarsi, un genere da interpretare
con personalità e sensibilità innegabilmente moderne. Il pregio principale
della loro musica è infatti proprio quello di farci tornare alla mente i tanti
dischi che abbiamo amato e consumato, senza tuttavia risultare datata. Una
qualità non da poco, che richiede grande esperienza, perché non basta aver amato
quei dischi, occorre averli metabolizzati e fatti sedimentare. La naturalezza e
la competenza con cui i Mojo Filter
interpretano quel genere musicale dimostrano che guardarsi indietro non è
peccato. Ciò che importa è saper comporre buona musica, e loro lo sanno fare
molto bene.
Terza tappa della loro carriera, The roadkill songs arriva dopo l’EP del
2010 The Spell e Mrs Love Revolution, l’ottimo album che
li ha lanciati nel 2011. C’è poco da dire, i ragazzi spaccano, punto! Ancora
una volta il sano, vecchio
rock’n’roll ti conquista e ti stende al primo colpo grazie ai riff ben
congegnati delle chitarre e al groove
potente e trascinante di basso e batteria. Non possiamo chiedere di meglio ad Alessandro Battistini (voce e chitarra
solista), Carlo Lancini (chitarra
ritmica), Daniele Togni (basso) e Jennifer Longo (batteria) che, forti di
una significativa esperienza dal vivo, riproducono in studio l’urgenza espressiva
di una garage band registrata in presa diretta. Le dieci tracce traducono al
meglio questa urgenza e ci trascinano in un trip
rock’n’roll dai contorni entusiasmanti. La grana grossa dell’hard blues granitico di zeppeliniana memoria è screziata da
psichedelia e digressioni acide, che aggiungono spezie a quanto già conosciuto
in Mrs Love revolution. Giusto il
tempo di infilare il jack nella presa e parte il riff incalzante di The girl I love has got brown hair, siamo
già a pieni giri, l’inizio fulminate si trasforma in un finale a sorpresa dove
la tromba di Mario Cavallaro e il
sax di Corrado Sambito colorano di
nero l’impianto del brano. Le note di un sitar introducono l’intrigante Red banana che, come pure One mile away, evidenzia un pulsare
ritmico nelle linee di basso che rimanda alle produzioni di casa Stax. Closer to the line è dura e graffiante,
dai tratti hard, intervallati da un lunga riflessione psichedelica che anticipa
l’accelerazione finale. Beautiful June
day è una pausa dal sapore agreste, bonghi e chitarra acustica sono in
primo piano e beneficiano di un prezioso intervento al flauto, mentre The black ship, dall’incedere ipnotico,
è un sogno lisergico acceso dall’irrompere delle chitarre. Better love your man è dominata dal basso e puzza di r’n’b, la voce
di Battistini è suadente e sofferta,
certamente uno dei brani migliori.
Disco tutto da ascoltare, che scorre veloce rispettando i
tempi del vecchio LP senza lasciare
spazio a sbavature e a lungaggini di sorta. Prodotto dallo stesso Alessandro Battistini, che compone e
arrangia tutti i brani, insieme a Mauro
Galbiati, è stato ottimamente registrato
da quest’ultimo nello studio della band e ha goduto della supervisione di Antonio Gramentieri (Sacri Cuori, Il
Pan Del Diavolo) in fase di missaggio. Ancora una volta la bella veste grafica
è stata curata da Ferdinando Lozza,
che già aveva firmato la copertina e il tour poster di Mrs Love Revolution.
La cura dei particolari, l’ottimo suono e la bellezza di
ogni singola canzone fanno di The
roadkill songs una delle migliori uscite di inizio d’anno. Al suo interno sono
contenute tante cose belle e gli amanti di Led
Zeppelin, Stones, Who (solo per citare qualche nome)
troveranno pane per i loro denti. Gli amanti dell’alternative a tutti i costi penseranno, sbagliando, ad
un’operazione nostalgia. Noi invece siamo rimasti folgorati dalla passione contagiosa
dei Mojo Filter per un modo di
intendere il rock sanguigno e viscerale, che guarda sì al passato, ma trae da
esso stimoli a sufficienza per proiettarlo nel futuro. Ci auguriamo quindi che
band come questa continuino a tenere alto lo spirito del vero rock e ne alimentino la fiamma!
Chi già non conoscesse l’Orchestra del Rumore Ordinato probabilmente si starà chiedendo che
genere musicale suoni il gruppo, forse temendo che dietro il curioso nome si
celi uno quegli ensemble
d’avanguardia che, con tono intellettuale, spaccia per arte qualcosa che con la
musica ha poco a che fare. Niente di tutto ciò, fortunatamente, perché la band
fiorentina si cimenta in un rock solido e ben strutturato, che riassume al suo
interno diverse influenze. La canzone d’autore, arricchita da un’interessante vena
teatrale e letteraria, va a braccetto con il blues e, in taluni momenti, si
spinge fino a sonorità decisamente più aspre in cui la band da libero sfogo a
tutta la sua energia. L’idea di fondo, da cui ha origine il nome del gruppo, è
che i rumori, ordinati ritmicamente, si facciano suono quando, uniti fra loro
da melodia e armonia, diventano canzone. La formazione nasce a Firenze negli
ultimi giorni del 2007 quando Michele
Scerra (voce e chitarra), Mike
Ballini (chitarra elettrica) e Angelo
Crocamo (basso) danno vita a quello che definiscono un laboratorio dove
sperimentare e costruire il loro suono. Dopo un anno di attività nel circuito
musicale fiorentino, nel 2009 viene finalmente pubblicato Mestierante, un ottimo album d’esordio cui segue un lungo tour
promozionale che permette alla band di farsi conoscere e apprezzare in tutta
Italia. I contorni della loro musica sono già delineati e la loro proposta raccoglie
subito consensi molto positivi che trovano ampio riscontro anche e soprattutto alla
prova dal vivo.
Tocca quindi a La Terra, uscito sul finire dello scorso anno, il compito di confermare la bontà del lavoro svolto fin qui e consolidare i risultati ottenuti. Il disco, lo diciamo subito, ci è...