Ecco ciò che ha fatto Phil Cody: un atto d’amore incondizionato nei confronti dell’amico con cui ha condiviso una parte di cammino, che è stato fonte di ispirazione ed esempio di coerenza e indipendenza artistica. A Cody sta a cuore innanzitutto catturare l’artista conosciuto da vicino, l’uomo schivo, lontano dai riflettori, il songwriter acuto e sopraffino che sapeva cogliere nei suoi personaggi stralci di vita e istantanee con tale immediatezza da renderli memorabili. Accantonato quindi l’immaginario stereotipato del ribelle, vengono invece messi in luce gli aspetti meno appariscenti, ma più veri, di un artista unico e inimitabile. Il folk-singer, non la rockstar, dice Cody, Nebraska non Born to run. Il ritratto che ne esce coglie l’essenza del pensiero musicale di Zevon. Non cerca il confronto ne tantomeno l’imitazione (da cui ne sarebbe uscito sconfitto), quanto piuttosto la via dell’interpretazione personale che, senza particolari stravolgimenti, va dritta al dunque, senza fronzoli, com’era Zevon. Una bella sfida, che Cody ha colto con intelligenza. Il pianoforte, le chitarre elettriche, l’impeto rock delle canzoni originali, lasciano ora spazio ad una parca strumentazione acustica su cui si innesta la voce sofferta del loner, traducendone in linguaggio semplice, ma estremamente efficace, lo stile. Qui sta il fascino del disco, nell’atmosfera fumosa e rarefatta di un piccolo club dove si radunano gli amici per imbracciare la chitarra e lasciare che la musica sgorghi liberamente dal cuore.
sabato 15 novembre 2014
Phil Cody – Cody sings Zevon (2014 – Appaloosa Records/IRD)
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